L’insolita posizione geografica di Caltagirone permette al turista di percorrere uno straordinario viaggio in Sicilia a cavallo di ben quattro province: Catania, Ragusa, Agrigento ed Enna. Caltagirone, infatti, si ritrova al centro di questo quadrilatero, molto più vicina ad Enna di quanto si possa pensare, con la possibilità, così di visitare uno dei più grandi parchi archeologici siciliani: Piazza Armerina. A poca distanza, tuttavia, si trova anche un’altra tipologia di parco, che mostra a densi strati la storia siciliana di qualche tempo fa attraverso la conservazione di un’antica miniera di zolfo, con tutte le sue macchine e i processi di lavorazione.
Il Parco minerario
Il Parco Minerario Floristella Grottacalda si estende su una vasta area tra Enna, Valguarnera, Aidone e Piazza Armerina, a qualche chilometro dagli svincoli autostradali di Mulinello ed Enna.
Il paesaggio naturalistico qui è particolarmente vivo e si lega in armonia con l’area del lago di Pergusa e la riserva faunistico-forestale della Ronza. Il tutto a un passo dalla b di Piazza Armerina e gli scavi archeologici di Morgantina presso Aidone.
Il Parco Minerario prende il nome dalle due principali aree estrattive di zolfo, oggi dismesse, Floristella e Grottacalda, a cui bisogna aggiungere una terza area, forse la più importante, anche perchè la più antica, Gallizzi, risalente al ‘700.
La storia estrattiva di 250 anni
Il parco parla di circa 250 anni di storia estrattiva, fornendo in bella vista tutte le strutture e le tecniche, diverse per ogni epoca, d’estrazione e di fusione dello zolfo. Siamo davanti a qualcosa di ciclopico, cosa che ci attesta la grande fatica che dovettero compiere dei piccoli, piccolissimi uomini all’interno di queste cave. Destano impressione, infatti, le discenderie, cioè i lunghi cunicoli semiverticali praticati anche da ragazzini tra i 6 e i 10 anni per raggiungere il giacimento in epoca preindustriale, in età successiva e industriale trasformati in castelletti e pozzi verticali per la discesa sotterranea; le calcarelle e i calcaroni, cioè i forni circolari per la fusione e separazione dello zolfo dal materiale inerte, poi abbandonati a favore dei forni Gill, a partire dal 1880.
Pensate che qui si contano fino a 180 discenderie, cunicoli che portano alle gallerie sotterranee a loro volta confluenti nei tre pozzi di estrazione, dove si trovano ancora i relativi “castelletti” completi di sale argano (il più antico risalente al 1868).
Il panorama estrattivo si fa completo con la visita della rete ferrata che portava i vagoni pieni del minerale giallo alla stazione ferroviaria per lo smistamento, della “lampisteria”, i ruderi dei fabbricati di servizio sorti in prossimità dei pozzi, adibiti ad infermeria, alloggi per i minatori, anche per il dopolavoro.
Le acque sulfureee e le maccalube
Il Parco, nei suoi 400 ettari di estensione, accoglie anche le sorgenti di acque sulfuree del rio Floristella e le “Maccalube”, emissioni continue di metano e acqua salata e ferruginosa, che danno vita a vulcanelli di fango.
Infine, Palazzo Pennisi
Se in tutto questo scorgete una monumentale costruzione su un’altura, sappiate che corrisponde all’antica residenza dei proprietari delle miniere: i Pennisi.
Palazzo Pennisi qui ci appare come una cattedrale nel deserto, una grande villa padronale dotata di tutti i comfort, in totale contrasto con la povertà delle abitazioni dei minatori e le condizioni disumane dei lavoratori delle cave.