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Gran Camposanto di Messina

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Nell’Ottocento postunitario, grazie alla munificenza dell’Amministrazione comunale e di alcuni mecenati di origine borghese, la città poté vantare artisti di fama internazionale e mantenere presso le maggiori scuole italiane giovani meritevoli: i pittori Letterio Subba, Michele Panebianco, Giacomo Conti, Dario Querci, il cesellatore Tommaso Aloysio Juvara e gli scultori Gregorio Zappalà, Gaetano Russo, Giovanni Scarfì (di cui scopriamo un interessante rapporto con lo scultore palermitano Mario Rutelli). Questi sono alcuni degli artisti del Gran Camposanto.
La ricerca mira ad evidenziare come e perchè si arrivò alla costruzione di quest’opera monumentale, quali furono le agevolazioni e le difficoltà incontrate da un’amministrazione locale guidata da possidenti terrieri, quali gli entusiasmi e quali gli allarmismi generati dal progetto dell’architetto Leone Savoja. Scopriamo così il volto di uomini e di donne rappresentanti insigni di una società in continua trasformazione che, pur immersa nei traffici commerciali o sconquassata dai terremoti, trovava la forza della continuità e si consegnava ai posteri attraverso le mirabili opere dei suoi cittadini.

La memoria della vita, delle opere e del pensiero dei nostri antenati vissuti a Messina prima del terremoto del 1908 è più effimera di quanto possiamo immaginarci. L’inesorabile scorrere del tempo ha cancellato buona parte delle testimonianze dirette e i messinesi hanno stentato a tenere vivo il contatto con il passato fiorente della loro città, quando ancora poteva vantare magnificenti architetture barocche e un porto ricco di scambi commerciali. 

Attraverso una precedente pubblicazione, abbiamo rilevato come il devastante sisma della mattina del 28 dicembre fu solo il colpo di grazia dato ad una città che, per più di due secoli, aveva subito invasioni, epidemie e speculazioni di varia entità. Da quella data i cittadini messinesi si ridussero da 155.000 a 80.000 unità circa, in parte rinfoltite da altri siciliani e calabresi in cerca di lavoro. 

L’immane calamità provocò una lacerazione profonda, tanto negli affetti familiari quanto nella tradizione culturale della città: il dolore e lo sconforto furono tali da spingere intere famiglie ad allontanarsi da quella terra ingrata e gli abbandoni contribuirono ad allargare la frattura fra le radici socio-antropologiche dei messinesi e la nuova anima urbana. Il percorso che oggi proponiamo tramite quest’umile lavoro aspira a ricucire la ferita morale inferta alla popolazione messinese negli ultimi due secoli da cause diverse, partendo dalla fine, ovvero dal Gran Camposanto. 

Questo luogo sacro, visitato abitualmente nel giorno della commemorazione dei defunti, è qualcosa di più di un semplice cimitero, di una spoglia dimora dei morti. Già nel progetto dei nostri antenati era un vero e proprio tempio della preghiera e del raccoglimento, un’oasi verde di riposo e di serenità, un libro di storia multimediale, un museo all’aperto. Dentro quest’affascinante struttura, troviamo i volti di quella miriade di personaggi, uomini e donne, famosi e meno famosi, che, con le loro attività intellettuali, umanitarie e imprenditoriali, fecero grande Messina nel corso di tutto l’Ottocento. Incontrarli viale per viale, leggerne la storia, dare loro una voce e un’identità precisa, ci è sembrata, oltre che un’operazione doverosa, una vera e propria passeggiata nel tempo passato. 

Ricchi di queste nuove emozioni, abbiamo avuto come l’impressione di aver ricostruito parte di quel tessuto urbano ormai inesorabilmente perduto e i nomi delle vie, delle contrade, dei rioni, delle chiese e dei palazzi ricostruiti dopo il 1908 sono tornati ad esserci familiari.

A parte le notevoli suggestioni, non abbiamo potuto fare a meno di trascurare l’aspetto più scientifico della ricerca sul complesso monumentale, esaminando e riportando alla luce le vicende storiche, le motivazioni tecniche, le proposte progettuali, le procedure esecutive che portarono alla sua realizzazione. 

Siamo partiti dall’iniziale ipotesi che un camposanto di siffatta concezione non possa essere stato il frutto di una serie di pure casualità, ma al contrario, rappresenti la testimonianza tangibile delle rinnovate condizioni economiche e culturali della città.

Già a metà del Cinquecento, i notabili di Messina non perdevano l’occasione di impiantare uno Studium universitario, nobile strumento attraverso il quale garantire un alto grado d’istruzione ai giovani messinesi e, contemporaneamente, esercitare uno strategico controllo sull’amministrazione pubblica. Ripercorrendo brevemente la strada delle accademie, arriviamo in pieno Ottocento, quando Messina apre le porte a nuove attività produttive, economiche e culturali: dalla produzione di seta, vino e olio, a quella degli agrumi e dei derivati agrumari, da semplice mecenate delle arti e delle lettere a dispensatrice di cultura e di giovani talenti. 

Dalla prefazione del libro: Mille volti, un’anima di Dario De Pasquale (ABC Sikelia Edizioni, 2010)


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Titolo: Mille volti, un’anima.
Sottotitolo: Dal Gran Camposanto di Messina all’Unità d’Italia, un percorso iconografico alla ricerca dell’identità perduta.

Autore: Dario De Pasquale
Casa Editrice: ABC SIKELIA Edizioni
ISBN: 9788890470004
Genere: Storia urbana, 150° Anniversario delle spedizione dei Mille in Sicilia.
Tip.: Libro in brossura, carta patinata, 264 pagine, 110 foto a colori, 20 B/N, due mappe con itinerari per orientarsi nella visita del sito monumentale.

Particolarità: biografia dell’architetto Leone Savoja, tavole a colori con mappe del Gran Camposanto, da utilizzare come una guida turistica per i visitatori di ogni età.
Prezzo: € 20,00

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