Collocata nel cuore del Mediterraneo, la Sicilia ha sempre rappresentato un importante punto di riferimento geografico, strategico, economico e culturale. Le motivazioni non sono solo legate alla posizione geografica favorevole, ma anche alla varietà del suo territorio e alle ferventi menti che l’hanno da sempre abitata.
L’originario nucleo di autoctoni siciliani, infatti, non rimase relegato al territorio circoscritto isolano, ma dimostrò notevole intraprendenza e coraggio nel solcare i mari per scoprire nuove realtà commerciali. Da qui i contatti con le altre popolazioni italiche e con le antiche civiltà doriche, ioniche e greche. Innumerevoli storie (che vi racconteremo) si sono avvicendate e hanno inevitabilmente coinvolto anche le isole minori quali le Eolie, le Egadi, le Pelagie, Pantelleria e Ustica.
Elimi, Sicani, Siculi, Fenici, Greci si sono succeduti e amalgamati in una solida e polivalente cultura. A parte alcune colonizzazioni, non sono mancate le presenze straniere: da qui passarono i Romani, i Vandali, gli Ostrogoti, i Bizantini, gli Arabi (che trasformarono l’Isola in un emirato autonomo nel 948), i Normanni, che fondarono il Regno di Sicilia, pur conservando, con notevole lungimiranza, tutti i saperi che incontrarono durante la fase di insediamento. Persino la cultura araba fu mantenuta nell’uso dei termini ormai familiari ai siciliani, nella gastronomia, nell’agricoltura, nell’ingegneria idraulica. Il normanno Ruggero d’Altavilla, insieme al fratello Roberto il Guiscardo, partì alla conquista dell’Isola, che prese il nome di Contea di Sicilia. Per questo, Ruggero fu nominato conte (1060-1101), mentre il primo Re di Sicilia fu il figlio Ruggero II (1101-1154). I Normanni, unendosi alle popolazioni sicule, diedero vita a uno dei Regni più potenti d’Europa.
Senza eredi diretti, il normanno Guglielmo II favorì il matrimonio della zia Costanza d’Altavilla (figlia di Ruggero II ed erede al trono) con Enrico VI di Svevia, figlio di Federico Barbarossa, mettendo la corona di Sicilia in mano agli Svevi. Seguì, dunque, la fase sveva (1194-1266), caratterizzata dalla forte presenza del carismatico imperatore Federico II. Fu il Papa Clemente IV a consegnare la corona di Sicilia al re francese Carlo d’Angiò, fratello di Luigi IX, per evitare di essere circondato dall’impero svevo. Il Parlamento siciliano, invece, assegnò di diritto la corona al figlio di Federico, Manfredi. La battaglia di Benevento fu decisiva e Manfredi fu sconfitto e ucciso.
Dal 1266 il Regno di Sicilia fu occupato dagli Angioini, i quali, invisi alla popolazione siciliana, furono cacciati in seguito alla rivolta del Vespri del 1282. A Messina furono due donne, Dina e Clarenza, a sventare un attacco notturno dei francesi. Il Parlamento siciliano assegnò la corona di Sicilia a Pietro III d’Aragona, marito di Costanza di Svevia, figlia di Manfredi.
La dinastia d’Aragona decise di passare la corona di Sicilia a Ferdinando di Castiglia, nipote di Martino II (Compromesso di Caspe, 1412). Da qui ebbe fine l’età della monarchia indipendente e cominciò il governo dei vicerè.
Nel 1713, il Regno di Sicilia fu ceduto ai Savoia e, nel 1720, agli Asburgo d’Austria, infine, ai Borbone nel 1734. Tuttavia, il Parlamento siciliano assicurò l’indipendenza formale del Regno, durante tutto il periodo di governo straniero.
Con la nascita del Regno delle Due Sicilie (1816), l’indipendenza siciliana fu persa e venne recuperata solo durante la rivoluzione del 1848.
Dal 1860 al 1945 la Sicilia fece parte del regno sabaudo, ridenominato in occasione della fine delle guerre risorgimentali, “Regno d’Italia”. Notevoli furono le spinte separatiste siciliane, volte a contrastare le scelte politico-amministrative del Regno dei Savoia, cosicché, alla fine delle guerre mondiali e prima della nascita della Repubblica, fu riconosciuto all’Isola uno statuto speciale. Era il 15 maggio del 1946.
Dario De Pasquale
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