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Mozia, l’isola felice

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Nelle acque delle saline emerge Mozia (provincia di Trapani), quaranta ettari di storia sospesi sul mare che, insieme all’Isola Longa, a quella di S. Maria e della Schola, formano le isole dello Stagnone, la più grande laguna della Sicilia, annoverata tra le zone umide più importanti d’Europa.

Mozia, importante avamposto di Cartagine

Insediamento fenicio-punico fra i più importanti del Mediterraneo, l’isola divenne un sito strategico per la sua vicinanza alla potente Cartagine.

Mozia, la cui fondazione viene collocata intorno all’VIII sec. a.C., torna alla luce soltanto a seguito degli scavi condotti ad opera di Giuseppe Whitaker, ricco mercante, il quale nel 1875 iniziò sull’isola una prima campagna di scavi, rinvenendo numerosi reperti fenici, oggi conservati nella Villa Whitaker, sull’isola divenuta museo.

Tra essi il Giovinetto di Mozia del V sec. a.C., una delle scoperte archeologiche più rilevanti degli ultimi anni, recentemente esposto nella grande mostra sui Fenici tenutasi a Venezia e la maschera, grottesca e arcigna dell’uomo ridente. L’opera venne scoperta nell’ ottobre del 1979 sotto un cumulo di detriti, durante una campagna di scavi nella zona intorno a Cappiddazzu, quartiere “industriale” dell’antica Mozia fenicia. Si tratta di una monumentale statua di tipo greco, in marmo bianco, alta poco più di un metro e novanta, risalente alla seconda metà del V sec. a. C. che rappresenta un giovane in posizione eretta, con il capo leggermente inclinato verso sinistra.

Il corpo è privo dei piedi e delle braccia, mentre si conserva parte della mano sinistra. Sulla superficie si notano abrasioni e scheggiature probabilmente dovute ad un’azione di trascinamento dal luogo dell’originaria collocazione ed al contatto con il materiale detritico che la ricopriva.

La perfezione plastica con cui sono state riprodotte le fattezze del giovane e l’idealizzazione del corpo umano lasciano supporre che, probabilmente, l’artista che la scolpì doveva essere greco e di notevole bravura.

Solo una mano esperta sarebbe stata capace di ritrarre con precisione la possente muscolatura che traspare dalla tunica. La storia della statua è avvolta dal mistero e molti sono gli interrogativi con cui si scontrano le indagini degli archeologi. Chi era l’artista? Chi raffigurava? Varie sono le ipotesi formulate sul giovane. Secondo alcuni si tratterebbe di un vincitore di una gara, secondo altri di un sacerdote o ancora di una divinità.

Sul lato sud dell’isola si apre l’insediamento artificiale del Cothon, bacino rettangolare di piccole dimensioni, un porto, o forse un bacino di carenaggio.

I mosaici di Mozia

Vicino al museo si trovano i resti di un edificio, la Casa dei Mosaici, con pavimentazioni raffiguranti animali reali e immaginari.

Uno dei luoghi più suggestivi è il Tophet, insieme di stele scolpite in pietra dove si offrivano sacrifici sull’altare di Tanit, dea della vita e della morte, del mare e della fecondità.

Una strada sommersa, ancora esistente e visibile dall’alto, utilizzata anche di recente con carretti trainati da muli, la collega alla costa.

La fine di Mozia

La distruzione di Mozia nel 379 a.C. ad opera del tiranno siracusano Dioniso il Vecchio, costrinse gli abitanti a spingersi fino a Capo Boeo, promontorio all’estremo occidentale della Sicilia, dove fondarono l’antica Lilybeo, l’odierna Marsala, ricca di testimonianze puniche, romane, normanne, arabe e spagnole, tra le quali sono di particolare interesse la necropoli di età punica, la Villa romana con i suoi stupendi mosaici, il Battistero cristiano del V secolo e i resti della cinta muraria fatta edificare da Ruggero I.


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