Il periodo normanno in Sicilia
Apriamo la porta del tempo sulla Sicilia normanna e leggiamo, senza volontà di critica storica, cosa avvenne, quando e perché.
Scopriamo una Terra e un popolo verso il quale, ancora oggi, abbiamo un debito di gratitudine per quello che siamo e conserviamo.
Questa storia ci proietta all’inizio dell’XI secolo, quando i Normanni penetrano nell’Italia meridionale.
Perché i Normanni arrivarono in Italia?
Il come e il perché vi siano arrivati non è certo, probabilmente spinti dal desiderio di indipendenza dai Bizantini e dai Longobardi ribelli ai Greci.
Ci colpisce il loro spirito d’avventura, il coraggio e l’abilità che dimostrano in guerra già dalla prima vittoria a Melfi: conquista che aprirà la strada verso la Puglia e la Calabria.
Tra le fila di questi soldati, per lo più mercenari di professione, riconosciamo gli undici fratelli Altavilla con i propri seguaci. Tra questi, il “più alto del più alto” degli Altavilla, un uomo che unisce all’ambizione l’agire impavido, Roberto detto il Guiscardo con il suo grandioso progetto: diventare re di uno stato potente nell’Italia meridionale.
Come i Normanni arrivarono in Sicilia
Per aprirsi la strada verso la Sicilia, il Guiscardo si allea con Papa Leone IX, rinunciando a Benevento, seppure conquistata poco prima.
Nel 1059 sottoscrive l’accordo di Melfi con Papa Nicolò II, ottenendo, tra l’altro, l’investitura come duca di Puglia e di Calabria, con l’obbligo di riconoscersi suo vassallo. In questo modo il papa può rivendicare il diritto di signoria feudale sulla Sicilia e Roberto il Guiscardo disconoscere l’autorità religiosa di Costantinopoli.
Nel 1061 un altro personaggio appare dalle coste siciliane: si tratta di Ruggero, fratello di Roberto, che, d’accordo con lui, sbarca vicino Messina, insieme a un manipolo di uomini fidati, tra i quali Goffredo Loffredo, che, proprio a Messina, stabilirà un’importante sede per la sua attività mercantile.
Soltanto tre anni dopo, tutta la parte nord orientale dell’Isola sarebbe divenuta normanna. Dal mare, dunque, sopraggiunge il nemico dell’arabo e sul mare pone il suo vessillo.
Palermo da araba diventa normanna
Palermo viene assediata nel 1071, dopo una resistenza di circa sei mesi: i suoi abitanti pagheranno un alto tributo in cambio di autonomia amministrativa e libertà di culto. Intanto, il Guiscardo è costretto a risalire in Italia per difendere i propri territori, investendo Ruggero di ogni responsabilità in qualità di conte di Sicilia e Calabria.
Per evitare inutili contrasti tra culture diverse, Ruggero permette a molti arabi di mantenere castelli e terre, seguire il proprio culto, far parte dell’esercito normanno, occuparsi della contabilità e della riscossione delle tasse sul suolo siciliano. In questo modo accresce quel sentimento di lealtà e condivisione del potere che dilaga fino al 1091, anno di conquista dell’ultimo baluardo della Sicilia musulmana: Noto.
L’eredità dei Normanni siciliani
Guardiamo ora questo Regnum con gli occhi del presente. Scopriamo un modello tra gli stati europei di allora e forse di oggi: vediamo una dinastia – quella normanna – che affonda le sue radici nella Francia settentrionale ma che, pur lontana per cultura e natura, riesce, in un tempo relativamente breve, a governare etnie tra loro molto diverse: latini, greci, ebrei, saraceni condividono un suolo comune secondo l’amministrazione normanna. Il grandioso progetto di Roberto il Guiscardo trova compimento sotto il conte Ruggero, che ottiene un successo comune a pochi altri sovrani.
L’arte e l’architettura arabo-normanna divengono un vivace fenomeno culturale per tutto il 1100. A tal proposito, nella Breve storia della Sicilia di Christopher Duggan e Denis Mack Smith, leggiamo:
«Lavori in legno e mosaici, monete e abiti, scultura e letteratura mostrano come un’eterogeneità e una mescolanza di stili possono in effetti diventare uno stile autonomo. Lo stesso avvenne con l’architettura. Con le sue cupole rosse, San Giovanni degli Eremiti sembra tanto una moschea quanto una chiesa cristiana. La chiesa della Martorana aveva intorno alla base della cupola un inno greco. La Cappella Palatina di Ruggero a Palermo… con uno stupendo soffitto arabo dipinto, la cupola bizantina… i mosaici greci… ».
E così guardiamo quel passato per riscoprire l’Uomo che attraverso i suoi segni ancora ci parla di sè.
Cinzia Prestianni
L’articolo successivo sarà su La Sicilia normanna: dallo splendore al tramonto del regno.