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Il Parlamento Siciliano dal Conte Ruggero ai Martini

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Convocata dal Gran Conte Ruggero I di Sicilia nel 1097, a Mazara del Vallo, si svolse la prima assise del Parlamento Siciliano.
Questa istituzione, per quei tempi evoluta, aveva funzione consultiva e di ratifica delle attività del re ed era costituita da tre “rami“: feudale, ecclesiastico e demaniale. 
Ramo feudale: nobili rappresentanti di contee e baronie
Ramo ecclesiastico: arcivescovi, vescovi, abati e archimandriti
Ramo demaniale: rappresentanti delle 42 città demaniali della Sicilia.

Il Parlamento siciliano ebbe funzione deliberativa solo a partire dal 1130, ad opera del re normanno Ruggero II, quando, presso il Palazzo dei Normanni di Palermo, richiese il suo assenso per la nomina dei sovrani del Regno di Sicilia.

Sotto Federico II di Svevia, a partire dal settembre del 1221, il Parlamento siciliano fu organo legislativo e nel suo seno nacquero le Costituzioni del Regno di Sicilia, un insieme di leggi a favore dell’ordine e dei buoni costumi da tenersi nel Regno da parte di tutti i cittadini e gli stranieri.

Sotto l’insurrezione dei Vespri siciliani, sotto gli Angioini, il Parlamento siciliano guadagnò un simbolo (la bandiera giallo-rossa con la triscele al centro) e un nuovo re: Pietro d’Aragona, che ebbe in offerta la corona da parte del Parlamento quale marito di Costanza di Hohenstaufen.

Il nuovo re riunì la prima assemblea a Castello Ursino, da quel momento residenza reale.

I nuovi re di Sicilia sapevano che non si poteva governare senza la cooperazione e il sostegno dei grandi potentati locali. Dunque, fra il 1283 e il 1289, convocarono in varie città del meridione alcuni colloqui o parlamenti.
Con Federico III, la convocazione di un parlamento per ascoltare le ragioni e la volontà del popolo diventò una prassi consueta; il primo novembre di ogni anno, infatti, si svolgeva un’assemblea a tal fine.

Dopo Federico III, nei parlamenti giunse raramente e flebilmente la voce della gran parte della popolazione. Gli stessi rappresentanti delle città, quando sono presenti nei parlamenti, sembrarono sperdersi in una massa indistinta di comparse.

I membri del Parlamentum ascoltavano la parola del re: acquisivano la notizia delle leggi che il sovrano promulgava, apprendevano le sue decisioni. Successivamente, i personaggi che affollavano il parlamentum parlavano e trattavano, chiedevano l’appoggio regio in affari personali, ragionavano con argomentazioni logiche e giuridiche.

  • Alla fine del Trecento, quando Martino il Giovane assunse il governo della Sicilia, venne convocato a Catania un parlamentum generale per promulgare alcune constitutiones e per discutere con i prelati, i conti e i baroni di alcuni capitula.
  • Martino diede incarico a una commissione di compilare due liste per elencare i nomi delle città regie o demaniali e delle città soggette a signoria feudale. Nel 1398 a Siracusa si tenne un altro Parlamento in cui le rissose famiglie e parentele di nobile discendenza cercarono una conciliazione. Martino ufficializzò e certificò gli elenchi e in tal modo consegnò ai signori feudali la certezza dei loro domini.
  • Martino divise il Parlamento in tre bracci, seguendo le esperienze castigliana e aragonese, e destinò a ciascun braccio i rappresentanti delle città demaniali, del clero e delle signorie feudali. A ciascun braccio venne dato il potere di iniziativa legislativa e a due bracci congiunti il potere deliberativo (ISPANIZZAZIONE DEL PARLAMENTO SICILIANO).


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