CHIESA DI SAN LUCA E SALITA DEL CASTELLO
Siamo ormai giunti al centro della piazza, dove si erge maestosa la Chiesa di San Luca, preceduta da una doppia scalinata simmetrica che dà l’accesso al luogo di culto. Il portale presenta decorazioni del tutto simili a quelle della chiesa madre, ma meglio conservati: quattro putti, due laterali sopra una mensola con decorazioni spagnoleggianti (volute e valva di conchiglia di giacomita ispirazione), due centrali osannanti il santo inscritto in una cornice floreale asimmetrica sormontata da una corona. Il regno divino, che appartiene a tutti, ha surclassato il regno terreno appartenente alla nobiltà. L’edificio, in pietra e mattoni, probabilmente è stato costruito con materiale pietroso prelevato dal castello, così come la torre campanaria rimaneggiata che si trova alle sue spalle, raggiungibile alla successiva rampa di scale. Sulla destra della chiesa, infatti, un’ampia scala ci guida verso i ruderi del castello.
Lungo il percorso notiamo la caratteristica fusione del costone montuoso, con i suoi spuntoni di pietra arenaria sedimentaria, con le abitazioni che si inerpicano nella salita, fra alberi di fico e fico d’India. Durante la breve inerpicata, lo sguardo certamente cadrà sul paesaggio circostante, una posizione privilegiata dalla quale si domina il paese dall’alto con tutti i suoi punti di riferimento, il campanile della chiesa madre, i tetti rossi dei palazzi. Man mano che ci si inerpica, si aprirà la visuale dei monti svettanti sulla valle del Fitalia, giornalmente sotto gli occhi degli abitanti dei paesi circostanti: Longi, Mirto, San Salvatore, Rocca di Caprileone. Dopo l’ultima fila di case, tutte oramai dotate di balconi aggiunti in fasi storiche successive per godere della bella visuale del paese, si arriva al pianoro sul quale sorgeva il castello arabo. Dalle ricerche archeostoriometriche promosse dal dott. Vicario, è emersa la maggiore probabilità che l’edificio fosse stato costruito fra il X e l’XI secolo, prima dell’arrivo dei Normanni e dunque sotto il governo arabo. Ce lo confermerebbe anche lo storico Edrisi, trascritto dallo storico Amari, che appella il castello con un toponimo simile al definitivo: Galât.
All’arrivo del conte Ruggero I, il castello doveva presentarsi in ottime condizioni, dal momento in cui divenne anche residenza abituale dei fedelissimi del capo normanno.
IL CASTELLO DI GALATI
In questo breve percorso, avremo la possibilità di vedere le tipologie costruttive del borgo medievale, messe in evidenza dallo scrostamento dell’intonaco originale. In particolare, prima di procedere lungo il piano del castello, l’ultimo casolare a sinistra rivela caratteristiche architettoniche più solide e compatte, probabilmente per la facilità di reperimento del materiale costruttivo dovuta alla vicinanza con il castello. Mancano, infatti, i caratteristici cocci di terracotta immersi nella malta a integrazione della muratura. Buona parte di queste case poggia su costoni rocciosi, integrandosi con la dorsale del monte. Giunti al castello, notiamo sulla destra una porzione di abside appartenente alla chiesa di San Michele. Proseguendo, ci troviamo di fronte a un notevole panorama che guarda sulla valle del Fitalia, il mar Tirreno e tre delle Isole Eolie.
La posizione dominante, ancora oggi perfettamente visibile, giustifica la scelta dei conquistatori arabi: un edificio militare sulla cima di una rocca, imprendibile da nord, circondato da mura a sud. All’interno di queste mura, con l’arrivo dei Normanni, si profilò l’antico borgo, compreso fra San Caterina e San Martino.
Che dimensioni avesse il castello originario, quello arabo per intenderci, è improbabile saperlo, visto le frequenti stratificazioni che hanno interessato l’area dopo i Normanni, allorquando divenne la sede abituale dei feudatari di Galati e poi, nel XVI secolo, prima di essere abbandonato, prigione per la delinquenza locale, grazie al mero e misto imperio di cui era dotato il principato di Galati da Filippo Amato in poi (1647).
Storia – Con l’occupazione da parte dei Normanni, Galati fu compresa nella diocesi di Troina (1081), poi passò in quella di Messina nel XIII secolo. Il conte Ruggero ne assegnò la signoria al fido Nicola o Cola Camuglia, sul finire dell’anno 1000. Col nome di “astu” divenne feudo di Eleazaro Mallaurazio nel 1116, il quale, per volere della regina Adelasia, nel 1123 fondò la chiesa di Sant’Anna “in castro Galati”, facente capo a un istituto benedettino con priorato. Nel 1150, lo storico arabo Edrisi la cita come “… difendevole fortilizio tra eccelse montagne, e popolato e prosperoso…”. Sul finire del periodo svevo, signori di Galati furono prima i de Parma, poi lo straniero Bernard de la Grange (1276), tuttavia, la forte pressione fiscale sotto il suo dominio, costrinse gli abitanti dei due casali a fuggire. Pietro III d’Aragona la consegnò a Riccardo di Santa Sofia dopo averla tolta all’angioino Bernardo, mentre Federico II invitò Riccardo Loria a occupare quei territori nel 1291.
Passarono poi nel possesso della famiglia Lancia o Lanza (Blasco e Corrado furono i primi due baroni di Galati a partire dal 1296), fino a quando, nel 1392, la terra di Galati sarà ceduta a Bartolomeo Aragona, per volontà del re Martino I, che volle punire Perruccio e Corrado Lanza, colpevoli di fellonia. Nel 1394 i Lanza rientrarono in possesso delle “terras et castra Ficarre, Galati, Pilayni et Broli” e lo mantennero fino al 1622, utilizzandolo come sede delle carceri locali. Infine, l’abate Fazello attesta l’esistenza di Galati come abitato fortificato (1558), mentre l’Amico, duecento anni dopo, ne cita la fortezza già come un rudere (1750). Crediamo, infatti, che, usciti di scena i Lanza e perdute le caratteristiche di torre di vedetta per il controllo del territorio prima e di edificio detentivo poi (1680 circa), le mura del castello siano state lentamente smantellate per dare vita alla costruzione di abitazioni civili.
Architettura e topografia – I resti del castello di Galati Mamertino evidenziano l’esistenza di un circuito murario che cingeva l’acrocoro, insistendo su una piana dove parte dell’edificio militare si confondeva con la roccia calcarea ancor oggi visibile. Seguendo le tracce dei resti, si può facilmente individuare la divisione delle stanze destinate ad abitazione. Secondo un esame archeostoriometrico, l’edificio risale al X-XI secolo circa.
Scendendo dalla Salita Castello, si arriva facilmente alla via Toselli, dove si trovano tracce della storica Universitas Galatensis, l’antico villaggio risalente al XIII secolo. Sopraelevato, ma subordinato al castello, era caratterizzato dalla presenza della Loggia dei Bandi, sita in Largo Toselli, ma all’interno di un complesso di case sorte tra il ‘600 e l’800. Si tratta di un’architettura medievale molto semplice, composta da tre archi romanici che davano l’accesso ai tre quartieri dell’antico borgo compreso entro le mura difensive: Santa Caterina, il Castello e San Martino. Era questo il luogo eletto per la lettura dei bandi del feudatario alla popolazione. E’ ancora possibile osservare due archi della loggia, il terzo è innestato nel palazzo seicentesco da cui si ha esclusivo accesso al luogo, oggi di proprietà Corrao. All’interno della cinta muraria, ancora parzialmente visibile, si accedeva da due porte: porta marina (lato Santa Caterina) e porta montana (lato San Martino) dove era collocata anche l’unica fontana allora esistente. Presenti in loco anche i ruderi del vecchio orologio.
Prima di arrivare nuovamente presso Piazza San Giacomo, in vico abate Crimi, è opportuno visitare il Museo agro-pastorale, sito in un caratteristico “palmento”, oggi dismesso.