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Caltanissetta, da “castello delle donne” a capitale delle zolfare

 Abitanti circa 62.000, altezza sul livello del mare mt. 568, CAP 93100, pref. telefonico 0934, capoluogo di provincia, a 116 Km da Palermo e a 153 km da Taormina.
Centro agricolo e minerario (estrazione dello zolfo)
Da vedere nei dintorni: Monte S. Giuliano (a 2 km), punto panoramico
Badia di S. Spirito (a 3 km), monumento romanico di grande valore, voluto da Ruggero II.
Gibil-Gabib (a 5 km), nome corrotto dall’arabo Gebel-Habib, “montagna della morte”, poichè vi si trovano tombe preistoriche e greche scavate nella roccia.
Monte Sabucina (a 6 km), tracce di abitato indigeno, una cittadella intensamente abitata fino al IV secolo a.C, cinta da imponenti mura.

Antico insediamento greco-siculo di Nissa, diventato Kalat Nissal con gli arabi. Dopo il dominio normanno, passa ai Moncada. Questi ultimi dotano la città di edifici civili ed ecclesiastici. Fra questi il Palazzo Moncada (1625), sede del tribunale, in stile barocco, incompiuto.

Secondo le indagini dello studioso Luigi Santagati, nell’VIII sec. la città fu abitata dai Bizantini, che vi edificarono il castello di Pietrarossa, chiamando il borgo Nissa (probabile nome della città di provenienza dei greci insediatisi).

Arrivati in Sicilia quasi senza trovare ostacoli di sorta, gli Arabi si spinsero nelle parti interne dell’Isola anche per occuparne tutte le roccaforti e le alture maggiori. Giunti a Nissa, la ribattezzarono Qalʿat an-nisāʾ (“castello delle donne”).

Caltanissetta, Abbazia di Santo Spirito, esterno dell’abside.

Dopo gli Arabi, i Normanni trovarono in Caltanissetta un luogo ameno per il ritiro ascetico: così il Conte Ruggero, dal 1087 in poi, la conclamò feudo e vi fece costruire l’abbazia di Santo Spirito.

Alla fine del dominio Normanno e Svevo, la cittadina divenne un’importante sede baronale, proprietà dei Ventimiglia e dei Chiaramonte prima e dei Peralta poi. Nel 1358 il Castello di Pietrarossa accoglieva le famiglie nobili siciliane più potenti di allora: Artale Alagona, Manfredi Chiaramonte, Francesco Ventimiglia, Guglielmo Peralta, che formarono il Governo dei Quattro Vicàri, fino all’arrivo dei Martini.
Da quel momento Caltanissetta divenne sede dei Moncada di Paternò fino al 1812.
Verso la fine del Settecento e per tutto il corso dell’Ottocento Caltanissetta si trovò al centro di un incisivo sviluppo industriale legato alla presenza di importanti giacimenti di zolfo. A testimonianza di questo passato proto-industriale è il museo mineralogico, affiancato al primo istituto minerario d’Italia sorto già nel 1862.

Da visitare: la Cattedrale di S. Maria la Nova, iniziata nel 1539 e completata nelle navate nel 1622, con gli affreschi di Guglielmo Borremans, pittore fiammingo che vi lavorò nel 1722. Il prospetto fu definito nel 1840.

Palazzo Moncada, la chiesa di S. Domenico, il Museo Civico.


Cultura e storia

Di origine antica, ma incerta (secondo alcuni l’antica Nisa o Nissa, nome dal quale con l’aggiunta dell’arabo Qal ‛at «castello», sarebbe derivato il nome attuale). Nel 1087 fu conquistata da Ruggero I normanno e da lui infeudata a vari membri della sua famiglia; gli Aragonesi la eressero in contea per i Lancia, dai quali nella prima metà del 14° sec. l’ebbero gli Aragona, duchi di Randazzo; passata nel 1407 ai Moncada, a essi rimase fino alla soppressione della feudalità in Sicilia nel 1812.

Nel 1820 si rifiutò di partecipare ai moti liberali siciliani, subendo perciò le rappresaglie degli insorti; ma nel 1848-49 aderì alla rivoluzione. E’ una delle province a maggior dipendenza dalle attività agricole, con un’incidenza del settore primario sul totale del valore aggiunto pari al 10%.

Dal punto di vista socio-economico, il territorio ha subito una profonda modificazione per la decadenza dell’attività estrattiva nel cosiddetto ‘altopiano zolfifero’, dove, ancora nei primi anni 1950, operavano ben 150 miniere, con circa 11.000 addetti (vedi anche Parco di Floristella).

L’involuzione del sistema produttivo ha innescato dinamiche migratorie dirette all’esterno, oltre a forme di ridistribuzione della popolazione, verificatesi soprattutto fra gli anni 1980 e 1990, in direzione del complesso petrolchimico di Gela. Quest’ultimo impianto, tuttavia, non ha determinato significativi processi di riassetto locale o l’avvio di nuove relazioni con l’esterno, a parte il collegamento con alcune imprese minori per i servizi alla produzione.

Il turismo appare in prevalenza legato all’escursionismo culturale, mentre la valorizzazione delle risorse naturali è compromessa, specie nella cimosa litoranea, dall’assenza di una pianificazione territoriale e dal conseguente dilagare dell’abusivismo edilizio.


Sports & Natura

Nel mese di ottobre 1999 è stata istituita dalla Regione Siciliana la Riserva Naturale orientata di Monte Capodarso e valle dell’Imera meridionale allo scopo di consentire la tutela e la valorizzazione di una serie integrata di risorse storico-geografiche, archeologiche, geomorfologiche, di antropizzazione rurale, di ambiente botanico-faunistico e di reperti della attività estrattiva, ormai in abbandono, che costituiscono un “unicum” di notevole interesse scientifico e culturale.

La gestione della riserva è stata affidata all’Associazione nazionale Italia Nostra che, attraverso un progetto presentato nel 1984 in un convegno regionale di studio, ha proposto l’istituzione del Parco dell’Imera meridionale individuando diversi insiemi di relazioni territoriali e socio-economiche. Da allora l’associazione ha svolto parecchie azioni di sensibilizzazione rivolte alle autorità competenti, ai cittadini del comprensorio ed al mondo culturale.

L’estensione totale dell’area della Riserva è di 1.485,12 Ha, suddivisa in 679,79 Ha di riserva naturale (Zona A) e 805,33 Ha di pre-riserva (Zona B). E’ compresa nei territori dei comuni di Caltanissetta, Enna e Pietraperzia, ha una forma irregolare e si estende sui versanti orografici del fiume Imera meridionale, che nasce alle falde delle Madonie e sfocia nel mar Mediterraneo, nei pressi di Licata.

Nel suo percorso confluiscono le acque di numerosi affluenti, fra i quali i fiumi Morello e Torcicoda. Questi corsi d’acqua, a carattere torrentizio, sono caratterizzati da un andamento meandriforme. L’acqua del fiume, attraversando alcune grandi anse, con notevole raggio di curvatura, a volte abbandona il suo corso creando dei meandri simili a stagni.

Queste aree sono di grande interesse naturalistico per la nidificazione di molte specie animali, alcune delle quali in via d’estinzione. E’ presente, inoltre, la tipica vegetazione degli ambienti rupestri con essenze tipiche della macchia mediterranea e quella degli habitat acquatici. Nell’area della riserva si possono osservare altre interessanti emergenze geomorfologiche i calanchi, che caratterizzano il paesaggio e presentano endemismi quali l’Aster sorrentinii e la Lavathera agrigentina.


Vita notturna

Numerosi i locali aperti fino a notte fonda, dai bar, alle creperie, ai ristoranti, ai pub, alle pasticcerie.

Quali scegliere?

Tutti propongono prodotti di qualità, vere delizie per il palato…un sondaggio degli utenti consiglia il Bar Tino, Cafè Creme, Spazio Rosso, La Corte del Nespolo, Trink Bar, Luna Rossa, infine, le discoteche: Touch Disco Pub, Villa Romano e… chi più ne ha, più ne metta!


Gastronomia

La crocetta di Caltanissetta è un antico dolce nisseno, prodotto fino al 1908, poi dimenticato e, di recente, riscoperto. È uno dei dolci del convento che, insieme alla “spina santa”, veniva preparato e donato durante la festa del Santissimo Crocifisso del 14 settembre dalle suore di clausura del convento delle Benedettine annesso alla chiesa di Santa Croce, chiesa da cui prendono il nome. La ricetta segreta si trova nelle mani di un maestro pasticciere che ha affrontato approfondite ricerche prima di riscoprire il vero dolce nisseno.


Tradizioni

Tra gli eventi cittadini più importanti, oltre quello della Settimana Santa, va ricordata la festa di S. Michele, patrono di Caltanissetta, celebrata il 29 Settembre.

Secondo la credenza locale il Santo sarebbe apparso in sogno ad un frate cappuccino, indicandogli il luogo in cui si trovava un appestato, in procinto di entrare in città. In tal modo il Santo ha evitato il diffondersi della peste a Caltanissetta che, in segno di gratitudine, ha eletto S. Michele a Patrono della città al posto del Crocifisso, venerato fino ad allora.

La statua dell’Arcangelo, scolpita da Stefano Livolsi nel 1600, raffigura il Santo con corazza ed elmo, secondo l’iconografia tradizionale.

S. Michele, che sovrasta il maligno ridotto in catene, simboleggia la vittoria del bene contro il male.

La celebrazione cittadina prevede la sfilata di bambini, vestiti secondo il costume del Santo, che precedono la banda musicale ed il fercolo del Patrono, portato a spalla dai fedeli scalzi. Infatti la caratteristica principale della processione consiste nel fatto che la statua del Santo è trasportata e seguita dai fedeli che, per grazia ricevuta, esprimono la loro devozione camminando scalzi.

Il fercolo di S. Michele, che normalmente si trova in Cattedrale, nel mese di Maggio, in occasione della ricorrenza dell’apparizione, viene trasportato nell’omonima chiesa di S. Michele dove rimane per circa due settimane.

Successivamente la statua ritorna in processione, passando per le principali vie del centro storico, al suo luogo di origine. In concomitanza con la festa cittadina per la celebrazione del patrono viene allestita un’importante fiera, la cui durata varia da sei ad otto giorni.


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