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La cacciata degli Angioini dalla Sicilia

L’esercito di Pietro III il Grande marcia alla conquista della Sicilia e, dopo Trapani e Palermo, muove – nello stesso anno 1282 – verso Messina, costringendo gli Angioini a risalire lo Stretto. Potremmo affermare che, da allora, il regno di Sicilia viene diviso in due e la Calabria, identificata per secoli con la Sicilia, entra nel Regno di Napoli.

Lo stretto di Messina allontanerà l’Isola dal resto d’Italia geograficamente e culturalmente, privandola tra l’altro delle stimolanti relazioni che si erano intrecciate attraverso i professionisti della monarchia Hohenstaufen.
Quest’ orizzonte di future conseguenze non appare subito chiaro al popolo siciliano che accoglie senza troppe riserve la dominazione aragonese il cui re, fisicamente lontano, avrebbe potuto lasciargli più libertà d’azione se confrontato a Federico II e Carlo. Le previsioni dei siciliani non si realizzano e i fatti di questo periodo raccontano un’altra storia.

Sfuma il sogno dei Vespri Siciliani

Pietro III detto il Grande, infatti, accetta che il regno si mantenga separato ma ignora spesso i privilegi feudali e impone la collecta; stabilisce inoltre che, alla sua morte, le corone di Sicilia e di Aragona non si riuniscano sotto un unico sovrano: questa promessa non verrà mantenuta perché il suo successore Giacomo sarebbe rimasto re di Sicilia e di Aragona imponendo al popolo siciliano di continuare a fornire grano, soldati e navi. In questo modo la tanto agognata autonomia sfuma nel rimpianto della trascorsa dominazione angioina.

Nel novembre del 1285 Pietro il Grande muore, la corona passa dunque al figlio di lui e di Costanza, Giacomo, il quale nomina il fratello più giovane, Federico III, viceré a Palermo.
Approfittando del momento di debolezza politica, quest’ultimo si farà eleggere re dai siciliani ostili alla riunione delle due corone.

La pace di Caltabellotta

Dopo una guerra che vede alleati Giacomo d’Aragona, Carlo II d’Angiò e papa Bonifacio VIII contro di lui, si giunge alla pace di Caltabellotta nel 1302. Questa data viene ricordata nelle pagine della storia siciliana come il momento conclusivo della guerra del Vespro tra Angioini e Aragonesi con il conseguente riconoscimento della sovranità di Federico sulla Sicilia.

Nello stesso anno della pace, muore la buona regina Costanza che avendo cercato invano di allontanare i suoi figli dal conflitto, si era ritirata in convento dopo la morte del figlio Alfonso.

Il nuovo re di Sicilia lascia il proprio titolo in nome di quello di “re di Trinacria”.
Per consolidare l’alleanza con gli Angiò, Federico sposerà Eleonora d’Angiò nel maggio del 1303 celebrando l’unione nella cattedrale di Messina.

I re aragonesi quali vassalli della Sede Apostolica

Pochi giorni dopo Bonifacio VIII emanerà la Bolla rex pacificus imponendo al re di Trinacria di tenere in feudo la Sicilia come vassallo della Sede apostolica.

Durante il regno di Federico III si intensifica il regime feudale che, invece di garantire l’autonomia e l’autorità centrale, conduce rapidamente verso la disorganizzazione e la perdita graduale dei diritti dei cittadini a favore degli interessi dei baroni. Viene istituito un parlamento con tre bracci – ecclesiastico, demaniale e militare -, si radica il latifondismo e la conseguente crisi economica.

Non trascorrono molti anni e anche le previsioni della pace di Caltabellotta cadono nel vuoto. Rispetto al periodo storico in cui aveva regnato Ruggero, questi anni sono segnati dalla marcata presenza nel territorio della nobiltà alla quale Federico stesso si trova assoggettato.

Nel 1337 muore il re ma l’Isola non viene restituita agli Angioini con la conseguente ripresa delle ostilità durante i nuovi governi di Pietro II (1337-1342), Ludovico (1342-1355) e Federico IV (1355-1377).

Pace di Catania e le discordie fra le maggiori famiglie siciliane

Giungiamo così, tra alterne vicende, alla pace di Catania del 1372 quando Giovanna I d’Angiò rinuncia definitivamente ai diritti sulla Sicilia che, dilaniata dalle lotte di potenti famiglie quali Chiaramonte, Ventimiglia, Peralta e Alagona, per la supremazia amministrativa nel paese, vede sorgere all’orizzonte un nuovo sole: quello spagnolo.

Cinzia Prestianni



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